Grelina, l’ormone della fame e l’Anoressia da Esercizio

Persona seduta a gambe incrociate in abbigliamento sportivo grigio davanti a un divano, con una bottiglietta d’acqua davanti.
21 giugno 2016

Anoressia da esercizio: definizione e ipotesi

Anoressia da esercizio è un termine utilizzato per indicare l’ipotetica capacità dell’esercizio fisico di inibire il senso di fame. Questo termine si riferisce alla riduzione della percezione della fame che può avvenire nei 60 minuti dopo uno sforzo di intensità maggiore al 60% della VO2 max (1,2).

L’esercizio fisico ha veramente questo potere?

Per poter confermare questa ipotesi è necessario analizzare l’effetto che l’allenamento esercita sui diversi ormoni implicati nella regolazione dell’appetito.

Ruolo della grelina nella regolazione dell’appetito

Grelina e metabolismo

Nello specifico analizzeremo l’effetto della grelina, l’unico ormone a oggi conosciuto a effetto oressizzante, cioè che stimoli in modo diretto il senso di fame. Esso è un ormone di tipo peptidico prodotto principalmente nello stomaco ed ha un ruolo fondamentale nella stimolazione dell’appetito e nella diminuzione del metabolismo basale.
Oltre a questi ruoli la grelina stimola la secrezione di GH, vari processi cardiovascolari, immunologici, riproduttivi, comportamentali e l’omeostasi glucidica. Come è intuibile la grelina provoca un aumento dell’introduzione calorica nell’immediato, mentre nel medio e lungo termine provoca un aumento dei depositi di grasso. Livelli ematici elevati di grelina hanno una relazione inversa con il BMI.

Le persone obese tendono ad avere livelli minori di grelina e i soggetti affetti da anoressia nervosa livelli maggiori rispetto a soggetti normopeso.

Donna che gusta un pasto con gli occhi chiusi, seduta a un tavolo con ingredienti freschi e una ciotola di cibo.

Effetto dell’esercizio fisico sull’appetito e sulla grelina

L’esercizio fisico può sopprimere il senso di appetito e alterare la produzione di grelina. Nello specifico l’esercizio aerobico sopprime l’appetito diminuendo i livelli di grelina e potenzialmente condizionando la reintroduzione energetica post esercizio fisico. L’entità di questo fenomeno ovviamente dipende dal grado di allenamento, dal grado di obesità, dall’età dal tipo di esercizio praticato.

Hazell et al nel 2016 hanno dimostrato una relazione inversa tra intensità dell’esercizio fisico e produzione di grelina sottolineando la soppressione del senso di fame legato al periodo post esercizio. Le stesse conferme derivano da una meta-analisi del 2014 che ha riportato studi comprendenti uno sforzo con una maggiore richiesta energetica e meccanica (es. correre) dimostrando come essi tendevano a riportare una maggiore soppressione dell’appetito inibendo la produzione di grelina per via indiretta.

Anche Vatansever-Ozen et al. hanno dimostrato che il grado di appetito dopo un allenamento ad alta intensità genera una minore sensazione di fame rispetto ad un allenamento a bassa intensità. I livelli grelina dopo l’esercizio fisico intenso erano significativamente più bassi rispetto al gruppo di controllo. La minor concentrazione di grelina dopo un esercizio ad alta intensità sembrerebbe, insieme ad altri meccanismi, essere conseguenza di una ridistribuzione di sangue a favore del lavoro muscolare piuttosto che splancnico (dei visceri).

A parità di esercizio le donne tendono ad avere più appetito rispetto agli uomini.
Una spiegazione plausibile potrebbe avere ragioni evoluzionistiche, nella necessità di mantenere delle riserve di grasso più elevate ai fini della gestazione.

In condizione di obesità non c’è conferma del fatto che la riduzione del livello di grelina post esercizio sia in grado di predire il successivo introito calorico come si è verificato nello studio di Unick et al. Oltre che dalla diversa risposta ormonale che l’obeso può avere post esercizio, questo potrebbe essere giustificato dal possibile legame psicologico che l’obeso ha con il cibo. Infatti per questa categoria il cibo è visto come premio gratificante.

Considerazioni finali e conclusioni

Nonostante l’assetto ormonale predisponga ad un effetto anoressizzante non è detto che la riduzione calorica post esercizio si verifichi veramente.

I dati raccolti riguardo l’introduzione calorica nei pasti a seguito di attività fisica rispetto alle sedute di controllo sono risultati discordanti, anche se in generale si è osservato un bilancio energetico negativo. In generale la presenza di dati contrastanti nei vari studi deve essere attribuita ai diversi criteri adottati nella scelta dei partecipanti ai trials e ai diversi protocolli di allenamento utilizzati.

La risposta dell’organismo dipende da vari fattori quali: sesso, età, livello di allenamento, BMI, percentuale di massa grassa, assetto di altri ormoni. Inoltre anche il tipo di esercizio determina risposte differenti: attività con dispendio energetico e meccanico diverso provocano “aggiustamenti” diversi; ad esempio la corsa provoca una minore percezione della fame e un più alto dispendio energetico rispetto alla bicicletta. Da non sottovalutare l’influenza psicologica e culturale premiante del cibo, che al termine dell’allenamento può essere visto come ricompensa dello stesso e inibire a livello volontario l’effetto anoressizzante dell’esercizio.

Conclusioni

In conclusione, nonostante questi dati sembrino non portare a delle conclusioni certe, sembra che a seguito di attività fisica l’organismo non tenda naturalmente a reintegrare le energie utilizzate. L’esercizio fisico praticato con costanza risulta essere uno strumento fondamentale per il controllo e la perdita di peso in quanto non provoca una compensazione delle energie spese attraverso l’alimentazione, producendo un bilancio energetico negativo.


Bibliografia

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