Allenamento propriocettivo: classificazione e utilizzo

Di:   ScienzeMotorie  |  23 Settembre 2017

Le teorie sulle scienze motorie sono in continua evoluzione ed aumentano progressivamente i livelli di conoscenza e gli strumenti di valutazione della buona somministrazione degli esercizi. Nella cura dei particolari ormai diffusa, siamo passati negli ultimi anni ad allenare sempre più l’aspetto propriocettivo della seduta; inizialmente come fase di recupero funzionale dopo un infortunio o un periodo di inabilità, ora anche per un miglioramento prestativo e per prevenire gli infortuni.

Prima di addentrarci sui metodi di utilizzo dell’allenamento propriocettivo soffermiamoci un attimo sul comprendere cosa si intende per propriocettiva:

La propriocettiva o propriocezione o ancora cinestesia si definisce come la capacità di percepire la posizione dei propri segmenti corporei nello spazio e di riconoscere il proprio stato di contrazione muscolare, il tutto non necessariamente con l’utilizzo del recettore oculare.

La capacità propriocettiva è resa possibile da recettori presenti a livello periferico che immagazzinano informazioni portandole poi, attraverso il midollo spinale, per via afferente al sistema nervoso centrale che potrà così codificarle ed elaborarle.

I recettori cinestesici prendono nomi diversi a seconda di dove posizionati:

  • Fuso neuromuscolare: si trova nel muscolo e misura la variazione di lunghezza muscolare in una determinata unità di tempo
  • Organo tendineo del Golgi: si trova nelle giunzioni muscolo-tendinee e controlla i livelli delle tensioni
  • Corpuscolo del Ruffini: si trova a livello cutaneo e reagisce a stimoli pressori e tattili
  • Corpuscolo del Pacini: presente a livello cutaneo profondo e reagisce a stimoli vibratori

Questi sono i principali recettori che ci permettono di gestire il nostro corpo in ogni situazione; coadiuvati inoltre dagli organi di equilibrio.

Molto più facile in condizioni “statiche” dove il nostro sistema propriocettivo riesce a “mappare” tutte le zone corporee periferiche ed a gestirle; le difficoltà cominciano quando il corpo è in equilibrio dinamico (su questo punto facciamo una precisazione: non esiste un equilibrio statico, infatti il nostro corpo ha continui passaggi da situazioni di equilibrio a disequilibrio, anche quando siamo in una posizione statica) o per meglio dire: più ci allontaniamo col baricentro dal punto di equilibrio e maggiormente devono intervenire le capacità propriocettive.

Allenare la propriocezione

Dopo aver precisato cos’è il sistema propriocettivo e da chi è controllato chiediamoci a cosa può servire in pratica un controllo cinestesico:

  • A livello motorio

Miglioramento delle prestazioni sportive sia di sport individuali che di squadra.

Facciamo alcuni esempi molto eloquenti:

IL TUFFATORE

Immaginate che controllo del corpo deve avere un tuffatore che, dopo aver effettuato correttamente lo slancio si ritrova a dover gestire una lunga fase di volo dove ogni singola contrazione muscolare potrebbe inficiare la prestazione o addirittura variare la fase di ingresso in acqua.

IL FANTINO

Prendiamo un altro esempio di utilizzo estremo della capacità propriocettiva: il fantino rispetto al tuffatore (o altri sport con coefficienti coordinativi elevati) ha meno sbilanciamenti da compiere ma ha un fattore di difficoltà maggiore dato dai movimenti del cavallo (quindi deve compiere degli adattamenti propriocettivi in base a ciò che farà l’animale).

IL RUGBISTA

Anch’esso (come altri sport situazionali di contatto) non ha come scopo principale il controllo del corpo ma gli servirà avere un buon allenamento propriocettivo per poter rispondere agli stimoli creati dagli avversari (es. evitare un tentativo di placcaggio trasformando una corsa lineare in una corsa con linea spezzata oppure con giri completi attorno al proprio asse di equilibrio)

Tutti questi esempi servono per il miglioramento della performance (quindi come premesso all’inizio dell’articolo la fase più “evoluta” e “moderna” della propriocettiva) ma il controllo cinestesico serve anche a livello di recupero funzionale riabilitativo ed ancora per una prevenzione degli infortuni.

  • A livello preventivo

Saper sempre controllare il grado di contrazione muscolare o il livello di tensione tendineo permettono una netta diminuzione degli infortuni.

Metodi di allenamento propriocettivo

A seconda dell’obiettivo da ottenere abbiamo alcuni metodi di allenamento della propriocettiva:

Generale

Allenamento aspecifico, utilizzando continui cambi di posizione corporea e di disequilibri per allenare tutto il corpo (ed in particolar modo tutti i recettori propriocettivi visti in precedenza).

  • Tavolette propriocettive
  • Piani instabili
  • Skip e andature in disequilibrio

Specifico per segmenti corporei

Utile per allenare in maniera generale un determinato segmento corporee.

  • Tavolette con punti pivot
  • Esercizi muscolari eccentrici
  • Disequilibri specifici con controllo oculare

In questo passaggio è giusto fare un paio di esempi per capire come gestire questo allenamento:

  1. Se volessi evitare un infortunio muscolare ad esempio degli IPT (ischio peroneo tibiali) dovrei lavorare con degli sprint e frenate brusche per agevolare la resistenza eccentrica dei muscoli in questione.
  2. Se volessi allenare la capacità di risposta ad uno stimolo della zona cervicale creerei un piano instabile su cui farei sedere l’atleta e gli abbinerei un laser applicato su un caschetto, chiedendo di seguire una linea con la luce del laser creando così un punto pivot molto craniale che mi permetta continui adattamenti specifici con la zona cervicale

Specifico per gesti tecnici

  • Partenza da situazioni di equilibrio precario
  • Gesto tecnico propriocettivo
  • Gesto propriocettivo anticipatorio

Spieghiamo anche questo tipo di allenamento:  se dovessimo allenare ad esempio un portiere calcistico potremmo fargli compiere il gesto della parata partendo ad esempio da una tavoletta propriocettiva, oppure potremmo fargli compiere un gesto non puramente tecnico ma tecnico/propriocettivo (parata partendo da appoggio monopodalico sulla gamba che dovrà effettuare la spinta), infine potremmo fargli compiere un esercizio propriocettivo generale o per segmento corporeo (a seconda di cosa vogliamo sviluppare) e successivamente fargli compiere un gesto tecnico (parata).

La classificazione appena descritta ci può permettere di codificare il nostro tipo di intervento a seconda delle scelte specifiche sugli atleti e delle esigenze dei singoli. La nostra professionalità potrà portarci sempre più a specializzarci anche nel campo propriocettivo, dividendo le strade riabilitative da quelle preventive e sportive. L’allenamento di tutti gli aspetti propriocettivi dovranno essere complementari ai recuperi ed ai rinforzi condizionali.

Conclusioni

Per concludere possiamo sostenere che l’allenamento propriocettivo è estremamente importante per migliorare alcuni gesti che nello sport o nelle attività motorie in genere devono diventare automatici senza doversi curare a livello conscio delle posizioni corporee da tenere.