PNF – Facilitazione Neuromuscolare Propriocettiva

Di:   ScienzeMotorie  |  3 Agosto 2016

La PNF (Proprioceptive Neuromuscolar Facilitation), facilitazione neuromuscolare propriocettiva, fu ideata dal Dott. Herman Kabat negli anni ‘50 e da allora a oggi ha notevolmente contribuito al conseguimento di validi risultati in molti pazienti neurologici, compresi i mielolesi.

Spesso la facilitazione propriocettiva neuromuscolare viene confusa con le tecniche di inibizione-stretching utilizzate per migliorare l’allungamento muscolare, questo perché l’utilizzo delle tecniche di inibizione neuromuscolari per allungare un muscolo accorciato, erano state studiate e sviluppate da Knott e Voss all’interno della metodica della PNF.

Nella PNF le tecniche d’inibizione sono effettuate attraverso il metodo delle diagonali, mentre nello stretching facilitato o nella metodologia inibizione-allungamento, tali tecniche, sono state modificate per rendere migliore l’allungamento di gruppi muscolari isolati.

La tecnica PNF, nata per la neuro-riabilitazione, trova una vasta applicazione per la riabilitazione di pazienti con affezioni muscolo-scheletriche determinate da un alterato controllo neuromuscolare degli arti, del collo e del tronco. Questa terapia manuale è un trattamento volto a valutare il movimento e a trattare eventuali disfunzioni, aumentando la risposta del sistema neuromuscolare grazie alla stimolazione dei propriocettori.

Obiettivo, quindi, è quello di migliorare o normalizzare un movimento articolare alterato.

Gli schemi di movimento su cui si basa la PNF sono composti da movimenti multi-articolari, multiplanari, spirali, diagonali e rotazionali degli arti, del collo e del tronco. I requisiti spirali e diagonali sono corrispondenti con le caratteristiche spirali e rotatorie del sistema muscoloscheletrico di ossa, articolazioni, e strutture legamentose. Tali traiettorie si avvicinano strettamente ai movimenti della vita quotidiana, sportiva e lavorativa. Kabat individua due coppie di schemi diagonali per gli arti superiori e inferiori: Diagonale 1 (D1) e Diagonale 2 (D2). Ciascuna diagonale può essere eseguita sia in flessione sia in estensione, ovvero può essere svolta o in un verso o nell’altro.

Kabat scelse questi schemi perché hanno la capacità di porre i gruppi muscolari in uno stato di massimo allungamento e di farli contrarre secondo il migliore espletamento di potenza. Il termine “facilitazione” sottintende diversi elementi: uno è lo stiramento veloce del muscolo, che produce – in seguito all’allungamento – un accorciamento immediato e una maggiore facilitazione nel reclutamento di unità motorie; un altro elemento è la possibilità di enfatizzare i fulcri articolari più deboli tramite quelli più forti.

La caratteristica importante della PNF è l’interazione tra il paziente ed il fisioterapista, soprattutto nella fase iniziale della riabilitazione dove l’uso di schemi diagonali e l’applicazione stimoli sensoriali (visivi, uditivi, tattili…), forniti dal terapista, aumentano le risposte motorie.

Utilità della PNF

Le tecniche di facilitazione neuromuscolare propriocettiva sono utili per il periodo della riabilitazione, dalla fase iniziale a quella finale, per il recupero funzionale, per sviluppare la forza, la resistenza e la stabilità dinamica. Questi schemi diagonali vengono anche impiegati per migliorare un gesto tecnico/atletico con l’utilizzo di resistenze elastiche, pesi e macchine isotoniche.


Bibliografia

1. Kisner e Colby. L’esercizio terapeutico, Ed Piccin, Padova

2. Brotzman, Kevin E. Wilk. Manuale di riabilitazione in ortopedia. Excerpta Medica

3. Estratto da: http://digilander.libero.it/fisiomau/