Lo Sport fa bene alla testa

Di:   Roberto Benis  |  4 Gennaio 2021

Perché praticare sport fa bene al cervello?

Praticare attività fisica in maniera costante scatena una serie di fenomeni chimici nel nostro cervello che lo rendono più reattivo e più funzionante. In un certo senso, è come se lo allenassimo e un cervello allenato funziona meglio.

Quindi chi fa sport è più intelligente?

In termini molto generali, direi che chi pratica sport, così come chi svolge attività con un grande carico cognitivo, o anche come chi ha una vita ricca di impegni, ha più facilità ad utilizzare in maniera efficiente i propri neuroni. Un concetto fondamentale che dobbiamo sempre tener presente è che alla base di ogni nostro comportamento ci sono sempre almeno due neuroni che comunicano tra di loro. Quando noi alleniamo il cervello attraverso l’attività fisica, esercitiamo i nostri collegamenti neuronali, migliorandone l’efficienza. E tutto questo si traduce in una migliore abilità ad apprendere nuove informazioni, ad adattarsi a situazioni nuove o particolari, a ragionare meglio, ecc.

È per questo che è importante, direi anche fondamentale, praticare sport durante il periodo della crescita. Perché attraverso l’attività motoria, sotto forma di gioco, il bambino apprende meglio e prima.

sport fa bene alla testa

È vero che chi fa attività fisica sviluppa delle particolari forme di apprendimento?

Sicuramente chi pratica attività sportiva apprende meglio perché ha un cervello che funziona molto.

Dobbiamo sapere che se alla base del movimento ci sono importanti processi cognitivi, come la pianificazione dell’azione e la decisione di quando compierla. Quando pratichiamo sport utilizziamo continuamente i circuiti neuronali che mediano questi processi e in un certo senso siamo facilitati a mettere in atto di strategie di apprendimento sempre più adeguate al contesto. Inoltre, molti sportivi per migliorare la loro prestazione, e quindi la loro conoscenza motoria, utilizzano tecniche di immaginazione motoria, cioè pensano il gesto motorio che devono fare senza eseguirlo. Oppure, per acquisire nuove abilità o procedure osservano un’altra persona eseguire il comportamento da apprendere.

Questo tipo di apprendimento si chiama “apprendimento per osservazione” e ha un fondamento scientifico molto importante. Infatti, tutti noi abbiamo in alcune aree del nostro cervello un sistema di neuroni che si attivano sia quando eseguiamo un’azione, sia quando la osserviamo eseguire da un’altra persona. In pratica, il nostro sistema motorio, che io definisco cognitivo-motorio, funziona sia se ci muoviamo, sia se stiamo fermi ma osserviamo qualcun altro muoversi con un’intenzione. È per questo che gli istruttori per riscontrare un apprendimento nei loro allievi devono mostrare loro solo atti motori o azioni (cioè comportamenti motori finalizzati).

Ma cosa succede all’interno del cervello?

Avvengono importanti cambiamenti che vanno sotto il nome di fenomeni neuroplastici. Ad esempio,

  • i neuroni assumono una forma più rigogliosa, ricca di più zone che ricevono le informazioni da altre cellule nervose;
  • aumentano i livelli dei fattori neurotrofici, sostanze che sono molto benefiche per il nostro cervello;
  • in alcune aree specifiche si verificano fenomeni di neurogenesi, cioè si formano nuovi neuroni; si riscontra anche una soppressione dei geni che regolano i processi di degenerazione neuronale.

Questi insieme ad altri fenomeni di neuroplasticità permettono al nostro cervello di funzionare meglio e di mantenersi giovane e ricettivo.

Importante oltre allo sport, è tenersi impegnati cognitivamente, coltivare amicizie, dormire circa otto ore a notte (in un individuo adulto e circa dieci in un bambino in età scolare), seguire una corretta e variata alimentazione, insomma condurre quello che viene comunemente definito uno stile di vita attivo e sano.

Dormire il tempo adeguato è importantissimo per tutti e sicuramente nello stile di vita dello sportivo, specie se professionista, diventa fondamentale.

Diversi studi hanno dimostrato che gli atleti, indipendentemente dalla disciplina, per alcuni mesi prima della gara dovrebbero dormire ben dieci ore a notte. Inoltre, chi dorme poco, non solo è fisiologicamente più vulnerabile, ma lo è anche psicologicamente e questo, durante una gara importante o una prestazione può fare la differenza.

Recentemente, sta emergendo un’evidenza che potrebbe essere di interessante applicazione nell’allenamento sportivo. Infatti, si è visto che in seguito ad un breve sonnellino pomeridiano di circa venti minuti si verificano effetti migliorativi sull’apprendimento di un compito motorio, mentre un riposo prolungato, che induce fasi del sonno più profonde, determinerebbe un risveglio forzato non privo di malessere e malumore.

Che tipo di sport dobbiamo svolgere per garantirci tutti questi benefici?

Per ora la ricerca depone a favore di attività aerobiche di almeno trenta minuti praticate due/tre volte la settimana. Ovviamente, qualsiasi attività fisica va adattata alla persona e svolta sotto un precedente controllo medico.

 

Riferimenti:
Intervista alla Dott.ssa Laura Mandolesi