Stefano Baraldo

PERCORSO:
Stefano Baraldo è sempre stato appassionato di sport, qualsiasi tipo di sport. Ha praticato in particolare l’atletica leggera con cui ha ottenuto risultati importanti che lo hanno portato a vestire la maglia della nazionale. Trovando difficoltà nel passaggio al professionismo ha scelto di affrontare con grande determinazione il percorso di Scienze Motorie, spinto e motivato anche dall’esempio che aveva in casa, il padre Luciano, che è stato anche professore di Metodologia di Allenamento a Udine, alla facoltà di Scienze Motorie.

Stefano Baraldo ha iniziato il suo percorso di studi e ricerca presso il Laboratorio di Biomeccanica applicata al calcio diretto dal Prof. Mario Marella. È qui che insieme all’inseparabile compagno di studi Mirko Nencioni non ha mai smesso di curiosare tra libri, articoli, macchinari e il campo.

Dopo 4 anni Stefano era ancora troppo giovane per fare il percorso di preparatore fisico quindi decise di iscriversi al corso di Massofisioterapia e nello stesso periodo ha iniziato a inserirsi nel mondo dell’alta prestazione nel tennis, grazie a Marzia Grossi che lo invitò a collaborare. In quel periodo ha avuto la possibilità di affiancare l’allenatore di Potito Starace, Umberto Rianna, diventando una delle prime figure a diventare un trainer che affiancava in maniera permanente il giocatore.

Dopo aver raggiunto ottimi risultati in breve tempo con Starace, Stefano Baraldo inizia la sua collaborazione con Flavia Pennetta che ha raggiunto grandissimi risultati che sono stati motivo di grande stimolo per tutto il tennis femminile italiano.

Giacomo Catalani:
“Hai fatto una grande esperienza con la nazionale cinese, cosa puoi dirci al riguardo?”

Stefano Baraldo:
“È iniziato tutto con un grande amico, Marco Panicchi che attualmente sta lavorando con Novak Djokovic. Ricordo che all’inizio il problema della lingua era molto importante, ma allo stesso tempo divertente e stimolante. Anche perché nel tennis c’è l’aspetto determinante che tu puoi fare base dovunque ma poi i tornei sono in giro per il mondo e il circuito è organizzato e scandito soprattutto dagli slam e quindi dalle grandissime differenze che ci sono nella preparazione atletica, ma anche tecnica e tattica, a seconda della superficie su cui si gioca di volta in volta.”

Giacomo Catalani:
“Quali sono gli aspetti importanti nella preparazione di un tennista?”

Stefano Baraldo:
“Son convinto che sia decisiva la passione, l’umiltà e il desiderio di migliorare sempre tu per primo come preparatore. Esistono molti metodi e spesso ci sono delle mode che vengono seguite, ma qui si parla di cose serie, si parla di interagire con le vite altrui e di essere un pezzo importante della vita di questi grandi professionisti. Per questo bisogna sempre essere aggiornati e motivati, ma non dobbiamo commettere l’errore di volersi per forza inventare cose nuove, forzatamente.

Ci sono molti esempi in cui degli atleti hanno vinto anche degli slam, allenati da un genitore. Spesso abbiamo visto queste realtà con occhio critico e curiosità e devo dire che tutto questo conferma che non c’è praticamente limite quando tra giocatore e allenatore si riesce a creare una sinergia efficace e duratura.

Devi essere generoso. Tu hai delle competenze e il tuo scopo deve essere solo quello di risolvere i problemi dell’atleta, devi mettere te stesso da parte. Un buon preparatore deve essere altruista ed empatico. Per esempio nei momenti difficili ci vuole grande condivisione perché nel tennis un preparatore oltre che ad allenare vive insieme con l’atleta per tanto, tantissimo tempo.”

Giacomo Catalani:
“Qual è stato il tuo approccio iniziale con Potito Starace?”

Stefano Baraldo:
“È un po’ come il circuito riverberante. C’è un’idea, una valutazione, c’è il progetto, c’è l’esecuzione del progetto, il controllo e la modifica. Sono importanti le valutazioni degli obiettivi e la determinazione di un’asticella un po’ più alta che ti permette di portare l’atleta nella direzione che vuoi e che lui non sa nemmeno dove può arrivare. Tutto deve essere fatto nell’ottica di personalizzare al massimo tutto quanto.

In generale con gli atleti di grande livello quantifico il gap statistico che c’è in tutti gli aspetti fisici e tecnici rispetto a quelli degli atleti più forti. Questo per avere un’idea chiara di dove possiamo trovare i margini migliori di miglioramento e poter monitorare nel tempo gli step che stiamo facendo.

Ogni atleta ha il suo modo di reagire agli stimoli e quindi è determinante avere grande sensibilità nel capire giorno dopo giorno quali sono i momenti giusti per fare uno specifico lavoro piuttosto che un altro. C’è poi da considerare che intorno a un professionista c’è un team di persone che lavorano o che vivono a stretto contatto e non bisogna mai dimenticare che le dinamiche che si mettono in moto non sono mai un aspetto secondario rispetto alla preparazione atletica.”

Giacomo Catalani:
“Quanto conta che un preparatore abbia avuto o meno un passato importante come giocatore?”

Stefano Baraldo
“C’è una frase di Arrigo Sacchi che dice “non c’è bisogno di essere stato un campione per poter allenare”. Il mondo dello sport è pieno di pregiudizi in questo senso, troppo spesso nelle valutazioni il fattore dell’”aver giocato” sono determinanti e credo sia un limite enorme. Da una parte non si stimola a studiare chi ha giocato e dall’altra si penalizza chi ha studiato veramente.

Nel mio caso posso dire tranquillamente che posso sedermi con chiunque a parlare di tennis, di tecnica o di tattica, ma ho un vantaggio di consapevolezza nel pianificare lo sviluppo di un giocatore perché ho studiato e ricercato molto nell’ambito delle scienze motorie.”

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