L’esercizio fisico e il diabete mellito di tipo2 (T2DM)

Di:   ScienzeMotorie  |  1 Marzo 2015

Abstract

L’obiettivo di questo articolo è quello di dare validità ad un programma di lavoro di attività fisica, che ha permesso ad un paziente, affetto daT2DM, di togliere completamente la sua dose giornaliera di insulina. Tutto questo, grazie all’adozione di un corretto lifestyle, a una tassativa rilevazione dei valori di glucosio nel sangue (glicemia e HbA1c), aggiunta ad una dieta corretta e standardizzata e all’assistenza di un medico diabetologo e di un professionista in scienze motorie. L’articolo mette in evidenza la gravità di questa nuova epidemia con tutte le sue conseguenze e la necessità di porre un argine costruito sopra un muro solido, quale l’attività fisica, svolta da un professionista di scienze motorie in perfetta sintonia con il medico specialista, i quali possono adeguare programmi e prescrizioni alle caratteristiche ed esigenze individuali.

“La via dell’eccesso conduce al palazzo della saggezza”, William Blake

È innegabile, ormai, che l’attività fisica è essenziale per prevenire, curare e tenere sotto controllo il T2DM (insulino resistente), anche se delle precauzioni devono essere prese per quei soggetti poco abituati a tale attività. Nel corso dei decenni c’è stato un aumento di popolazione, soprattutto nei paesi sviluppati, che ha manifestato T2DM, identificato come nuova epidemia che riguarda il mondo giovanile e quello degli anziani, tanto che avremo numeri imponenti nel 2050. Oggi, colpisce 246 milioni di persone e costituisce uno dei massimi problemi per la salute pubblica, con deterioramento della qualità della vita individuale e sociale e grandi costi sanitari; ci sono inoltre molte persone, in condizione di pre-diabete, che ignorano il loro status.
In alcuni centri, dov’è palese una certa sensibilità e solidarietà, si sono create associazioni di volontariato con personale medico e professionisti delle Scienze Motorie che sostengono e assistono tali pazienti nelle loro attività. Perciò, la prevenzione e il trattamento precoce, in tale contesto, sono necessarie e l’attività fisica aerobica, svolta con regolarità, d’intensità moderata o vigorosa, è una misura non farmacologica efficace per contrastare tale patologia, com’è stato dimostrato in numerosi studi.

Il professionista delle Scienze Motorie può fissare, insieme al soggetto interessato, dei traguardi da raggiungere, facendo un lavoro di coaching, sollecitando la motivazione interiore e promuovendo la capacità di cambiare la propria condizione. Il training aerobico generale e specifico può ridurre o sostituire farmaci antidiabetici, in particolare nel T2DM di recente insorgenza; in effetti, la pratica regolare associata a una dieta corretta e a un lifestyle ottimale, porta

  • una riduzione dell’emoglobina glicata,
  • una ridotta glicemia a digiuno,
  • diminuisce la resistenza periferica all’insulina, uno dei maggiori meccanismi responsabili dell’iperglicemia,
  • un aumento del volume massimo di ossigeno,
  • una ridotta pressione sistolica,
  • un equilibrato rapporto HDL/LDL,
  • riduce i livelli di trigliceridi, tipicamente elevati nel paziente affetto da T2DM, con significativo aumento dell’mRNA messaggero dei perossisomi e della funzionalità muscolare, superando o attenuando perciò le complicanze.

Sono numerosi gli studi svolti da alti professionisti sulle popolazioni a rischio, come giovani e anziani. A tale riguardo è importante parlare di prevenzione e lottare per attuarla in senso reale, soprattutto per le complicanze che ne derivano e che costituiscono un grave problema di disagio per il paziente e un pesante onere per la sanità. L’attività fisica eseguita all’interno o all’aria aperta, a contatto con la natura, permette di vincere lo stress e le emozioni negative, sollecitando stimoli positivi e attivando, a livello biologico, dei meccanismi per vincere le situazioni debilitanti. Il training aerobico può regolare il profilo metabolico e ridurre i rischi cardiovascolari, induce un miglioramento della funzione endoteliale, la cui alterazione è uno dei principali meccanismi alla base dell’aterosclerosi, riduce il rischio della formazione di trombi, ha effetti positivi sul sistema fibrinolitico.

La condizione iperglicemica nel sangue è responsabile di varie anomalie, quali retinopatia, neuropatia (sensitivo e motoria) declino vascolare con aggravamenti a livello circolatorio. Il T2DM risponde bene all’attività fisica perché l’esercizio facilita la permeabilità delle membrane al glucosio e induce una diminuzione della resistenza all’insulina. Il trasportatore GLUT-4 (che risente dell’azione dell’insulina) è responsabile dell’uptake del glucosio traslocando dai siti di stoccaggio intracellulare alla superfice cellulare per aiutare il glucosio a entrare. Detta risposta di sensibilità all’insulina è associata all’esercizio moderato e acuto e non è comunque una modifica a lungo periodo, poichè i benefici di uptake vengono meno nelle 48-72 ore successive.
E’ essenziale che i diabetici monitorino la propria glicemia al fine di evitare l’ipoglicemia, rischio oggettivo nella attività fisica, siccome il muscolo sotto sforzo aumenta la capacità di uptake del glucosio dal sangue, durante un esercizio prolungato.

Con un’adeguata informazione da parte del diabetologo sui vari sintomi (sudorazione, tachicardia) è possibile ovviare tutto ciò. Prima di stilare un programma è necessario, in equipe e con il personale medico, fare uno screening, considerare lo stadio di malattia del soggetto, eseguire un ECG, perfezionare un programma personalizzato di intervento che poi sarà controllato, rimodulato e coordinato in maniera flessibile alle esigenze e alle condizioni psicofisiche del soggetto.

È da tener presente che comunque in letteratura si trovano anche degli studi contrastanti, si sottolinea pertanto che in ogni caso c’è una situazione personale dovuta a un background diverso, alla genetica, alla situazione medica individuale. Da qui, una valutazione funzionale in sincronia con il medico può dare le esatte informazioni sullo stato del soggetto. Senza dubbio i livelli iniziali di monitoraggio del glucosio e di emoglobina glicata (HbA1c) devono essere eseguiti insieme allo stato di fitness del paziente. La glicemia va comunque rilevata prima e dopo l’esercizio fisico, sempre, a livello precauzionale. Oltre a intraprendere uno stile di vita corretto che può sembrare “rigido” all’inizio, ma che sarà gratificante in seguito, è importante l’introduzione di un’altra figura determinante quale la dietologo/a. Le prescrizioni e le informazioni del personale specializzato sono essenziali per una buona riuscita degli obiettivi da conseguire, anche perché il personale medico è utile per la salute mentale, per combattere gli stati d’ansia e il disagio sociale che può accompagnare il paziente diabetico.

Avete mai provato ad andare al ristorante con gli amici ed estrarre dalla tasca la penna per fare l’insulina? Può essere una sensazione di grande disagio. Secondo studi recenti, diverse variabili intervengono nel diabete, ma è stato dimostrato che il sostegno e la collaborazione della famiglia, l’interazione sociale hanno prodotto miglioramenti nel rapporto con la malattia, con la crescita della propria autostima e dello status di vita.

Un ulteriore elemento di attenzione, potrebbe essere l’adozione di una dieta vegetariana che induce una maggiore sensibilità all’insulina a livello periferico. Prediligere una dieta ad alto contenuto di fibre porta senz’altro notevoli vantaggi e la programmazione del professionista va eseguita con cura. Naturalmente prima d’iniziare un programma di attività fisica (walking, ballo o qualunque esso sia) sarà necessario considerare:

• stadio della malattia,

• grado di obesità,

• età,

• precedente stato di attività fisica,

• background personale,

• escludere controindicazioni o rischi, specialmente con una popolazione anziana.

Le attrezzature, per quanto possibile, dovranno essere personalizzabili. Talvolta con i primi miglioramenti c’è la richiesta di spostare i propri limiti e se questo è possibile, l’attrezzatura deve garantire comfort e tecnologia.

PROTOCOLLI

Sono vari i modi e i tempi per eseguire il training durante la settimana. Innanzitutto c’è da distinguere l’intensità che può essere, a seconda delle condizioni del soggetto, o moderata o vigorosa.

Ci sono opinioni contrastanti ed è vero che ancora sono necessarie ricerche per capire se è possibile una standardizzazione di base e comprendere gli effetti sullo stato infiammatorio e inoltre, sarà necessaria una corretta definizione del tipo, durata e intensità d’allenamento, consigliato al fine di ottimizzare i benefici dell’esercizio per i diversi pazienti diabetici di tipo 2. I più però e la maggior parte delle agenzie, ritengono che l’attività fisica sia un trattamento efficace per il diabete insulino resistente con conseguente stabilizzazione della glicemia, una riduzione del 20-30% della dose giornaliera di insulina, normalizzazione dell’emoglobina glicata e miglioramenti nella composizione corporea. In letteratura troviamo dei protocolli non specifici che prevedono un lavoro che va da 150 minuti la settimana a intensità moderata a 90 minuti di esercizio vigoroso, distribuito su 3 giorni la settimana, vale a dire una volta ogni 2 giorni, rivolgendosi a tutti i principali gruppi muscolari.

Un altro protocollo indica un lavoro aerobico di 30 minuti al giorno, per i pazienti obesi è consigliabile un esercizio quotidiano aerobico e di forza. Anche se è previsto un tempo di recupero, le stesse persone che si sottopongono ad attività fisica potrebbero aver necessità di fermarsi a recuperare per non assommare carico sopra carico, che non porta a muovere i valori glicemici. E nel giorno di recupero, se si abbina al training aerobico una corretta alimentazione, gli stessi valori glicemici non si alterano.

Un richiamo va fatto al monitoraggio continuo dei valori glicemici prima e dopo il training. Un feedback positivo è trovarsi insieme a controllare la glicemia, 2 ore dopo i pasti, che gratifica in modo “onorevole” il paziente, stimolandolo ad impegnarsi oggettivamente e psicologicamente sempre di più e recuperandolo dal punto di vista psicosociale. Alcuni studi indicano la durata dei benefici fino a 48 ore dopo il training altri dalle 24-72 ore sulla sensibilità periferica dell’insulina. La flessibilità è raccomandata per aumentare la gamma di movimento e si spera di ridurre il rischio di lesione. Tutto ciò ci porta a un “remake” dello status iniziale. L’esercizio fisico programmato è coadiuvante alla terapia farmacologica, a uno stile di vita ristrutturato e positivo e in alcuni casi può essere un vero e proprio farmaco nel T2DM. Un rischio che si può correre è quello di fare da soli e imbattersi in inconvenienti come può essere l’ipoglicemia, ma la giusta informazione e la capacità di riconoscerne i sintomi garantisce la corretta condizione e soprattutto l’esperto in scienze motorie deve essere ben coadiuvato dagli altri professionisti. Un programma di 7 giorni ha prodotto piccoli ma significativi guadagni nell’ indice Matsuda (sensibilità all’insulina) e miglioramenti nel flusso sanguigno con risposte emodinamiche favorevoli.

CONCLUSIONI

Con questo lavoro abbiamo riferito l’esperienza di un soggetto diabetico che è riuscito a togliere la sua dose giornaliera d’insulina con la pratica settimanale di esercizio fisico, abbinata a una dieta alimentare corretta e sotto monitoraggio individuale continuo, sempre assistito dal diabetologo. L’importanza del professionista delle Scienze Motorie è saper prescrivere i programmi più adatti, saper rimodulare il feedback quando è necessario, fornire un’ adeguata assistenza di coaching, aiutando il soggetto nei momenti di difficoltà, compito impegnativo perché ci sono situazioni serie come l’ipoglicemia.

L’importante è non sostituirsi al diabetologo e apportare il proprio contributo con estrema professionalità.

Il ruolo del professionista delle Scienze Motorie dev’essere chiaro, ciò è indispensabile per un’efficiente indicazione sui programmi, dove conoscenze, come la fisiologia, la biochimica, l’espressione genica sono basilari per una corretta riuscita nel compito. Non c’è una standardizzazione per questa prescrizione e la letteratura lo descrive; ognuno fa storia a sé e dipende da ciò che si è e come si è in quel momento, ma i dati di fatto rimangono per cui si apre senz’altro una nuova frontiera nella ricerca, dove il ruolo del dottore in Scienze Motorie, può essere determinante nel fornire un importante supporto ed assistere la persona nel percorso verso la salute.

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and Exercise Physiology, 10A McKee, University of Missouri, Columbia, MO, 65211,

USA. Epub 2012 Feb 4.

Testi:

Dagli abissi allo spazio. (Ferretti-Capelli Aprile 2008)

Fisiologia umana (Sherwood L.2010)

Fondamenti di biochimica dell’esercizio fisico (Houston M.E. 2008)

Fisiologia dell’esercizio fisico e dello sport (Costill D.L. & Willmore J.H. 2005)