NON SOLO QUANTITA’ MA ANCHE QUALITA’: COSA DOVREMMO BERE PER IDRATARCI MEGLIO?
– PARTE 1 –
– PARTE 1 –
Comprendere e quindi decidere quale bevanda sia più appropriata per una corretta idratazione non è semplice, e richiede valutazioni specifiche sia al fine di stimolare adeguatamente un’idratazione “volontaria”, sia al fine di fornire la giusta quantità e concentrazione di acqua, elettroliti, nutrienti, o altre sostanze. Pertanto, questo tema verrà presentato in due parti.
Nello seconda parte, invece, vedremo come le diverse composizioni possono influenzare direttamente lo svuotamento gastrico, l’assorbimento dell’acqua e dei soluti a livello intestinale, e infine il bilancio idrico, seguendo quindi un approccio maggiormente fisiologico.
Ritengo personalmente che una corretta conoscenza della scienza dell’idratazione richieda una base in entrambi questi aspetti, al fine di fornire la soluzione più corretta alle specifiche esigenze.
La temperatura, ad esempio, sembra giocare uno dei ruoli principali nella determinazione del consumo spontaneo di liquido, sia a riposo che durante attività fisica. In uno studio statunitense, gli autori hanno osservato come i partecipanti consumassero più acqua se la temperatura della bevanda era di 6 o 22 ° C, comparata con l’acqua a 46 °C (Armstrong et al., 1985). Di certo questo risultato non sembrerà essere del tutto sorprendente, in quanto effettivamente l’acqua a 46 °C può risultare poco piacevole anche se bisogno di esperimenti ad hoc. Di conseguenza, in uno studio francese, gli autori hanno coinvolto sia guardie montane, sia pazienti, separando i partecipanti in gruppi di 20 persone a cui, a seguito di disidratazione, veniva somministrata dell’acqua a temperature da 0 a 50 °C, con incrementi di 5 °C per ogni gruppo. In questo protocollo “between-groups”, gli autori hanno riportato che la temperatura alla quale il consumo era massimizzato risultava essere 15 °C (Boulze et al., 1983), sia nei soggetti “fisicamente attivi” sia nei pazienti. In generale, l’acqua più fredda era preferita a quella più calda. Gli stessi autori hanno quindi ipotizzato che il consumo si riduca a temperature del liquido più alte a causa di una ridotta “piacevolezza”, mentre a temperature più basse l’acqua potrebbe avere un effetto “saziante” maggiore, anticipando così il termine spontaneo della sete.
Il gusto, come prevedibile, rappresenta un altro importante fattore per il consumo spontaneo di bevande. In generale, si ritiene che i gusti preferiti siano quelli agrumati, limone ed arancia in primis (Maughan and Murray, 2001). Combinato con la temperatura, il gusto può influenzare sensibilmente il consumo di liquidi, in quanto consumare una bevande fredda stimola un consumo maggiore del 50%, mentre il gusto contribuisce ad un consumo maggiore del 40%. Sul totale, il consumo spontaneo risulta essere maggiore dell’80% se la bevanda viene consumata fresca e con l’aggiunta di qualche gusto (Hubbard et al., 1984). Va considerato che il gusto oggettivo può variare su differenze legate all’età o a differenze geografiche e culturali. Ad esempio, in uno studio condotto in Canada su bambini tra i 9 e i 13 anni, la bevanda preferita è risultata essere quella al gusto d’uva (13.9% CHO), seguita da quella all’arancia (6.5% CHO), e infine dall’acqua e dal succo di mela (11.2% CHO) (Meyer et al., 1994). Non sembrano esserci studi simili condotti finora in Italia, ma sembra improbabile che il gusto “uva” possa trovare grandi consensi (escludendo il vino,
Non esistono studi precisi che abbiano preso in esame il totale delle preferenze in merito alla maggior parte dei fattori determinanti la composizione o le caratteristiche di una bevanda.
I carboidrati, ad esempio, sembrano essere consigliati in concentrazioni inferiori al 10%, preferendo concentrazioni del 6 o 8%. L’acido citrico, determinante l’acidità, risulta essere preferibile in concentrazioni inferiori allo 0.4 % (0.2 e 0.28%). La concentrazione di sodio può influenzare sensibilmente la percezione e la “piacevolezza” della bevanda, e allo stesso tempo – come vedremo nella seconda parte di questo articolo – è uno dei principali elettroliti aggiunti alle bevande commerciali per lo sport. Concentrazioni di 6, 20, o 40 mMol di sodio non sembrano produrre differenze, venendo generalmente accettate, mentre una concentrazione di Na pari a 60 mMol è risultata essere la più sgradevole. Infine, anche la carbonazione influenza il consumo spontaneo della bevanda. E’ stato osservato infatti come 2.3 o 3.0 vol CO
la sensazione di nausea, la sensazione di meteorismo e gonfiore allo stomaco, la sensazione alla bocca, la viscosità percepita, aromi indesiderabili, eccessiva dolcezza.
Nel prossimo articolo vedremo quando queste concentrazioni possono risultare positive o negative per la corretta idratazione.
Per concludere questa prima parte, una corretta idratazione passa non solo attraverso la giusta quantità consumata, ma anche la composizione del liquido introdotto. Quest’ultima, infatti, può influire sia sull’assorbimento dell’acqua, dei nutrienti e degli elettroliti, sia sullo stimolo volontario a bere. Identificare la bevanda migliore per la popolazione a cui ci rivolgiamo, sia in termini di età che di differenze geografiche, è fondamentale per favorire una corretta idratazione spontanea, e richiede approfondimenti appropriati da parte degli allenatori e dei ricercatori.
La temperatura ottimale a cui servire la bevanda sembra essere pari a 15 °C o inferiore, considerando che temperature troppo fredde potrebbero facilitare la sazietà e quindi terminare prima lo stimolo della sete; Aggiungere un gusto alla bevanda può favorire il consumo della stessa, specialmente se fresca. Tuttavia, vanno considerate le abitudini locali, e quindi definire i gusti preferibili per la specifica popolazione; Altri fattori che influenzano l’apprezzamento della bevanda sono la dolcezza, l’acidità, la salinità, e la carbonazione.