Pietro De Maria

PERCORSO:
Pietro De Maria si è avvicinato allo sci nautico grazie a un amico che gli suggeriva di conoscere quello sport per prepararsi in estate per la stagione invernale dello sci alpino. La diversa tipologia di allenamento lo ha colpito da subito e in breve tempo sono arrivate le prime soddisfazioni che lo hanno portato fin dal 2009 a essere protagonista di questo sport a livello nazionale e non solo.

Giacomo Catalani:
“Quanto ti alleni?”

Pietro De Maria:
“In un periodo normale mi alleno in acqua circa 5/6 volte a settimana, quando siamo in un periodo di gare importanti il numero di ore è ovviamente maggiore. Poi c’è tutto il lavoro cosiddetto “a secco”.

In acqua i tempi di allenamento sono piuttosto brevi perché bisogna stare attenti a non andare oltre, visto che gli effetti non sono immediati, anche in termini di fatica, ma si sentono in un secondo momento. 15 minuti di sessione in acqua equivalgono a qualche ora in sala pesi, perché lo sforzo che bisogna sopportare per farsi trainare da un motoscafo è davvero pesante.”

Giacomo Catalani:
“Da ragazzino che percorso sportivo hai fatto?”

Pietro De Maria:
“Da piccolo, nella zona in cui abitavo, vicino al lago di Como, o giocavi a pallone o correvi oppure facevi canottaggio. Io ho iniziato presto a fare canottaggio e credo che sia stato proprio questo tipo di sport, unito a un’educazione avuta da genitori con grande senso del lavoro e della determinazione, che hanno costruito il carattere che mi ha permesso di affrontare e superare le difficoltà enormi dopo l’incidente che mi ha costretto alla paraplegia.

Credo che la soddisfazione che provo ancora oggi a superare le difficoltà, a fare fatica e godere del superare i limiti derivi proprio dall’aver fatto canottaggio quando ero giovane, dove queste caratteristiche sono fondamentali.

Prima di vincere bisogna saper perdere e non puoi farlo se non conosci bene cosa sia la fatica, la determinazione e la volontà di non fermarti di fronte alle difficoltà”

Giacomo Catalani:
“Qual è stato un momento importante della tua carriera?”

Pietro De Maria:
“Come mi è successo nello sci alpino, stavo per mollare anche lo sci nautico. Il motivo era lo stesso: mi capitava di farmi male e dopo quello che mi era successo, i periodi in ospedale e i dolori sofferti, mi sembrava sbagliato dover continuare troppo a lungo a dover ricadere in questi momenti.

Riconquistare l’autosufficienza persa per motivi catastrofici è stato difficile e pieno di sofferenze per me, ma anche per i miei familiari. Ritrovarmi a non poter guidare per una spalla rotta e dover quindi far di nuovo grande affidamento sui miei genitori o mio fratello era una cosa che non riuscivo più nemmeno a pensare. Per questo ho smesso con lo sci alpino e sono stato a un passo da abbandonare anche lo sci nautico.

Nel 2012 non stavo bene fisicamente e infatti gli europei andarono molto male, un disastro. Volevo smettere, poi un amico mi disse che aveva uno sci diverso che poteva prestarmi, lo provai e, come fosse una magia, mi sono ritrovato l’anno successivo a vincere un mondiale e a fare il record del mondo.

Questo è il classico esempio che ti fa capire che le cadute, se vissute in maniera propositiva e se hai la volontà di utilizzarle per migliorare, sono forse i momenti più importanti per una carriera sportiva, ma non solo.”

Giacomo Catalani:
“Quali strategie hai applicato per uscire da quei momenti più duri?”

Pietro De Maria:
“Solitamente io cerco di togliere tutto. Quando sono in crisi, cosa che ciclicamente accade, mi tolgo tutto di qualcosa. Per esempio spesso inizio a digiunare. Ho bisogno di forzare il mio corpo a ritrovare il giusto feeling con quello che mi sta intorno. Non è semplice perché quando sei in una situazione di difficoltà tu sei molto attore e quindi fai fatica a vedere le cose da una prospettiva distaccata e oggettiva. Per questo io tendo a distaccarmi, anche con modi bruschi, spesso da tutto, di certo da quello che mi accorgo essere il problema principale di quel loop negativo in cui sono.”

Giacomo Catalani:
“Hai dei mentori che hai incontrato?”

Pietro De Maria:
“Ho avuto un allenatore durante il periodo dello sci alpino che è stato determinante per farmi uscire dal guscio. Dopo l’incidente del 1995 ho vissuto alcuni anni a casa, nel solito ambiente. Poi mi sono avvicinato all’università e solo dopo qualche anno ho cominciato con lo sci alpino. Prima di allora non avevo vissuto la mia condizione di paraplegico così come mi ha poi insegnato l’allenatore condividendo con lui molti situazioni fino ad allora inesplorate. I disagi degli spostamenti con mezzo metro di neve, vivere giornate con 30 gradi sotto lo zero, dover affrontare le difficoltà di frequentare baite e hotel spesso difficili da agire per me.

È stata una scuola di vita importantissima e chi mi ha aiutato in quel periodo della vita sono senza dubbio le persone che più di altre hanno determinato chi sono oggi e come oggi mi confronto con il mondo sia dell’agonismo che della vita di tutti i giorni.”

Giacomo Catalani:
“Cosa hai provato per la vittoria del mondiale e quali motivazioni hai trovato subito dopo?”

Pietro De Maria:
“Il primo mondiale che ho vinto è stato in Italia, all’Idroscalo, ed era il primo mondiale a cui partecipavo. Una cosa unica e probabilmente irripetibile. È stato bellissimo, indimenticabile. Ti dico la verità, quando poi ho vinto il mondiale e fatto il record del mondo mi è venuto da domandarmi “Tutto qua? Tutta la fatica, l’energia e i sacrifici fisici e mentali che ho fatto in questi anni e adesso che ci sono arrivato…tutto qua?”

In realtà credo che l’importante sia provare gioia e piacere in quello che faccio. Quando è così i risultati poi arrivano e le motivazioni non mancano. Essere un vincente è sicuramente uno stile di vita, è un modo in cui strutturi la tua vita e il tuo modo di pensare. Qualsiasi cosa fai alla fine la fai con quello stile, con la volontà forte di fare bene quello che fai e con lo spirito agonista di non accontentarsi solo di fare una cosa ma “fare la prestazione”.

 

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